Quando Jacopo mi ha comunicato con un messaggio che Marcello era morto, ho sentito un colpo dentro, come se all’improvviso una parte di me non ci fosse più.
Era parecchi anni che non ci vedevamo, ma lui aveva rappresentato una parte molto importante e per un lungo periodo della mia vita.
La mia mente ha cercato di rielaborare ricordi, immagini, parole del nostro passato trascorso insieme, ridare forma ad una personalità decisamente fuori dal comune.
Beh, impresa non sicuramente facile con un personaggio complesso come Marcello.
Cercavo di dare una fisionomia precisa ad una persona che aveva mille sfaccettature…a volte in antitesi tra loro….
Una disponibilità e generosità che non aveva limiti, ma anche un carattere irruento e focoso da gestire quando perdeva le staffe.
L’uomo che tornava bambino tra i bambini, nonostante la sua mole, sempre pronto allo scherzo e alle burle fanciullesche, ma che se gli diventavi nemico era capace anche di molta durezza.
Marcello cocciuto e testardo come un “maledetto mulo irlandese” (cosa che gli ripetevo spesso).
“Capomastro” infaticabile e inflessibile quando si (e ci) metteva al lavoro, andando a volte, oltre i propri (e altrui) limiti fisici……
Il ragazzone sognatore che seduto alla panca raccontava cose (spesso irrealizzabili) che avrebbe voluto fare e che raccontate da lui sembravano decisamente semplici da realizzare.….
Ho cercato un ricordo personale che mi facesse tornare alla mente il Marcello che conoscevo.
L’8 Aprile 1985, domenica di Pasqua; mentre tutti nelle case erano a tavola per il proverbiale pranzo, due barbuti signori, uno con barba color ebano e l’altro con un cespuglio decisamente rosso, lavoravano per lisciare e lucidare le assi delle panchine dei doug-out del nostro campo; la domenica successiva il campo sarebbe stato finalmente inaugurato e saremmo tornati a giocare a Saronno.….
Il cielo era di un azzurro incredibile, le montagne sul fondo sembravano ritagliate da una cartolina….
Quando ci siamo seduti a terra bevendo una birra, ad ammirare lo scenario Marcello, con un sorriso fanciullesco si girò e mi disse: “non vorrei essere in nessun altro posto al mondo in questo momento”….e tornò beatamente a guardare quell’immagine incantata.….
Beh vecchio mio, quel giorno avevamo fatto proprio un gran bel lavoro…dovresti vederle adesso quelle panche (ma forse, dove sei, riesci a vederle anche tu…) hanno resistito al passaggio di orde di piccoli e grandi “barbari”, ma loro sono lì ancora un po’ scheggiate, un po’ scolorite, ma sempre solide, indistruttibili …..
E’ stato un piacere averti conosciuto e lavorare per il nostro comune “sogno”.
Shaun Davey – The Parting Glass – scena finale del film Svegliati Ned.