RSS

Archivio mensile:febbraio 2018

Gandalf torna alla tastiera….

Dopo un lungo periodo di silenzio, risolti alcuni problemini, ho deciso di tornare a scrivere …..

Piccola storia “quasi” biografica….

LA CORNACCHIA  GRIGIA

 

Il presente è un

piccolissimo attimo

sospeso tra il

passato e  futuro……

La verità è una goccia

che cade tra il mare della

fantasia e quello della realtà

 

Il motore tossiva e ansimava mentre si approssimava al cancello del campo. Era una mattina d’ estate inoltrato, i primi raggi del sole facevano  evaporare la pioggia caduta nella notte provocando una col­tre leggera di nebbiolina che lentamente si sarebbe alzata dal terreno. L’ anziano allenatore si avvicinò al cancelletto che im­metteva sul terreno di gioco; era una domenica come tante, ma non per lui. La grande occasione era a portata di mano, sarebbe ba­stato vincere questa partita e la vittoria del campionato, la promozione alla categoria superiore era cosa fatta. ….Bastava vincere…. sembrava una cosa tanto facile. Per anni aveva insegnato a centinaia di ragazzi che la cosa più importante era il “rispetto dell’ avversario”, “uscire dal campo a testa alta”, “l’importante era aver giocato bene anche se si usciva sconfitti”, “che i risultati sarebbero arrivati”  e poi…..poi….poi….; Per difendere questi ideali aveva dovuto più volte ricominciare tutto da capo, e adesso era ad un passo da realizzare il suo sogno. Per una volta gli venne l’ umano desiderio di vincere, gli  sarebbe piaciuto  che i ragazzi non lo avessero preso sul serio, che avessero voluto vincere – a tutti i costi –  che avessero buttato il cuore oltre l’ ostacolo per arrivare a quel traguardo tanto vicino; che per una volta non avessero cercato giustificazioni per una sconfitta, ma trovato una ragione per la vittoria.

Questi erano i pensieri che gli occupavano la mente mentre siste­mava la borsa sulla panchina. Era arrivato molto presto perchè vo­leva godersi quella giornata speciale, prima che arrivassero gli altri. Si sedette ad ammirare lo scenario del campo che si risve­gliava nel primo mattino; una leggera brezza spostava la nebbio­lina, nugoli di uccelli stavano banchettando nel campo mentre corvi e cornacchie erano in attesa del loro turno lungo il perimetro della recinzione.

Quante mattine aveva trascorso su quel campo, quanti ragazzi erano passati davanti ai suoi occhi, quante volte aveva ripetuto quel rituale prima della partita. Si sentiva abbastanza stanco, ma quella mattina aveva un appuntamento troppo importante. Si avvi­cinò alla lavagna dove, una moltitudine di nomi scritti in varie calligrafie, sovrapposti  e ormai sbiaditi, ma  incancellabili dal tempo, ricordavano volti passati negli anni; come sempre si accinse a inserire  i nomi nelle posizioni già a lungo pensate. Qualcuno sarebbe rimasto male, alcuni sorpresi, ma questo era il rischio di ogni Domenica.

Poi si sdraiò sulla panca e lasciò libero sfogo ai ricordi. Ad un tratto un’ ombra si allungò sul campo. Sorpreso l’ uomo si alzò per vedere. Era una grossa cornacchia grigia che dopo un paio di giri planò al centro del terreno. Era maestosa nella sua livrea grigia con  ali nere. Gli erano sempre piaciuti quegli ani­mali per il loro portamento   altezzoso, e per quella loro con­formazione quasi scultorea. L’ animale non si degnò di rispondere al saluto o alle proteste rumo­rose delle compagne, non cercava di beccare per terra la colazione mattutina, ma girò la testa verso l’ uomo immobile nel doug-out, come se fosse venuto per cercare proprio lui, solo lui.

L’ uomo rimase per un pò a disagio sentendosi osservato insistentemente dall’ animale, ma ad un tratto un vociare allegro, risate  di ragazzi appena svegli e qualcuno  non andato nemmeno  a dormire lo distrasse da quella magica scena e ritornò al presente; gli attori della giornata erano arrivati sul luogo della recita.

Tutto si svolse come sempre, cerimoniale, saluto al pubblico, raduno sul monte per le ultime raccomandazioni (chissà se almeno una volta ascol­tate?). PlayBall, e la partita ha inizio. Come molte volte acca­duto la paura, l’ emozione rendono difficile la respirazione, il ragionare. Si parte male. L’ uomo, come si aspettasse tutto questo rimane seduto tranquillo, non lasciando trasparire la delusione, forse pensando in qualche angolo della mente, ad un altro anno da passare soffrendo per raggiungere questo maledetto traguardo.  Poi il suo sguardo viene attratto da un’ immagine in fondo al campo, qualcosa che lentamente viene messo a fuoco dai suoi occhi: la cornacchia non era andata via come credeva ma, come uno spetta­tore interessato, rimaneva oltre la recinzione a guardare attenta­mente tutto quello che accadeva.

Improvvisamente in campo qualcosa stava cambiando; come risve­gliati da un brutto sogno (come accade spesso nel Baseball) ecco che i ragazzi si accorgono che la meta è vicina, che quelli che hanno di fronte non sono alieni, ma ragazzi come loro, con la stessa voglia, ma anche con le stesse paure….Tutti adesso sono pervasi dalla stessa identica voglia di dare tutto quello che resta per colmare la distanza… e infine quello che da tanto tempo sognavano succede. In panchina giocatori, dirigenti tecnici esplodono in un urlo liberatorio. Hanno vinto, il campionato è vinto e loro hanno conquistato la promozione alla categoria superiore..

L’ uomo si alza di scatto e entra in campo per urlare tutta la gioia di quel momento, ma improvvisamente il silenzio lo circonda. Tra le lacrime vede i suoi ragazzi, i dirigenti, esultare, urlare, esplodere di gioia. Tutto si muove intorno a lui come se il mondo stesse rallentando la sua corsa e su tutto il silenzio.

Un’ altra scena si fa strada nella sua mente. Un altro prato, molti anni prima; altri ragazzi in jeans,  forniti di rudimentali attrezzi, stanno giocando un’ accesa partita. Un ragazzo si presenta nel box di battuta. Sente tutta la responsabilità. Lui, che la vita aveva messo in panchina fin dalla nascita, che voleva però esserci…sempre…. a tutti i costi….Con una  sua battuta la  squadra può vincere, ma forse più che per la squadra deve essere una sua vittoria. Colpisce con tutta la sua forza poi corre, corre con tutto il fiato in corpo. Prima, se­conda, terza … vuole arrivare a casa base. Mancano pochi metri e poi Lui avrà fatto vincere la  squadra… Lui avrà vinto contro tutto e contro tutti. Di colpo si arresta, il mondo si ferma, il silenzio lo circonda, tutti gridano, lo in­citano, vogliono sospingerlo, ma lui è solo, li vede, ma non può comunicare con loro;  pochi metri, ma i polmoni, il cuore, le gambe non lo assistono più ….e mancano quei maledetti metri……

Ecco che improvvisamente la cornacchia dopo un’ ultimo sguardo, si alza in un maestoso volo e si allontana mentre tutto intorno a lui diventa buio.  Il ragazzo aveva colmato gli ultimi metri…..

Lentamente i suoni, i colori tornano ad accendersi nella sua mente e le lacrime tornano a scorrere calde e leggere……..

 

Gandalf il grigio

 
Lascia un commento

Pubblicato da su 20 febbraio 2018 in "Piccole Storie" di Baseball