RSS

Archivio mensile:febbraio 2013

Ricordi… Ovvero i miei primi quarant’anni

Il ricordo è un’ombra che non si può vendere, anche nel caso in cui qualcuno volesse comprarla!   

Sören Kierkegaard

Quando cominciai a raccogliere le idee e il materiale per buttar giù un mio ricordo personale che ripercorresse la strada di questi quarant’anni, pensai che avrei dovuto semplicemente seguire una traccia che mi avrebbe fatto ricordare un’unica storia  che fosse in grado di descrivere quanto accaduto in questo lasso di tempo.

Pian piano la strada che avevo intrapreso si dipanava in mille piccole storie più o meno importanti che, come rivoli d’acqua,  alla fine confluivano tutti nel fiume principale. Ognuna di quelle storie, piccola o grande che fosse però aveva una sua particolare importanza, sia per il protagonista che per il mondo che lo circondava.

Tutti ricordano che la nascita  di questa storia viene fatta risalire alla “saga” dei fratelli Agostinone, assidui frequentatori del Campo di via Verdi a Bollate, i quali  un giorno decisero che sarebbe stato bello mettere in piedi una squadra, una società con annessi e connessi e partecipare ai campionati… quelli veri.

Come ogni fiume che si rispetti però, per ricostruirne il vero tragitto, bisogna cercarne prima la sorgente. La storia degli “amaretti” comincia in effetti un paio d’anni prima, quando Tiziana, la più piccola della triade Agostinone, senza aver mai praticato alcuno sport, decide di accettare l’invito del Caronno  a far parte della nascente squadra di Softball.

Softball? Caronno?

Così a prima vista non sembrano centrare molto con noi, eppure  il Softball, e Caronno in particolare, avranno un ruolo importante nel futuro della nostra storia.

In quel momento il primo guanto entra ufficialmente In casa Agostinone e…

… e non ne uscirà  più.

Come il vaso di Pandora, tolto il tappo, i ricordi, gli eventi, i volti, cominciano  a svolazzarmi intorno come piccoli pezzi di un puzzle che,  lentamente, cerca di ricostruire l’immagine definitiva.

Un pezzo della  “storia”, ad esempio, è un gruppo di ragazzi, giovani e meno giovani che, smessa la divisa di lavoro (tute o giacca e camicia che fossero), si ritrovava sul  mitico e improvvisato ”diamante“ della Robur e con attrezzi rudimentali  – maschera in ferro saldato (pesantissima), una mazza Carl Yastrzemski numero 34 (Enorme!!!)  e alcuni “contesissimi” guanti – scopriva la bellezza del “batti e corri”. Ma parte della “storia” è pure un uomo maturo, con i capelli imbiancati dal passare degli anni, ma con un cuore di ragazzo e con un passato importante nel baseball milanese. Un paio di sere alla settimana lascia il negozio nelle mani della moglie e corre sul campo della vecchia “De Angeli”, per raccontare ai giovani e “meno” giovani i segreti del gioco e, perché no, riaprire la sua “magica” scatola dei ricordi.  Augusto Rossano sarà l’anfitrione che ci introdurrà per la prima volta nei meandri delle 2000 regole del magico gioco… quello “vero”.

Il suo piccolo fiume farà un percorso strano, tortuoso, si incrocerà diverse volte con il corso del grande fiume, ma oltre alla innata simpatia, preponderante in Augusto, un caratterino “esplosivo” lo faceva entrare a volte in rotta di collisione con chi gli lavorava vicino.

Beltrami, Volonteri, Ramperti, Carugati, Bonzanni, Basilico, Perini, Caimi,  Luciano Rossano, sono nomi che riportano alla luce ricordi importanti. Sono i ragazzi che hanno aperto la strada alle generazioni successive, ma sono anche gli artefici di una impresa difficilmente ripetibile: salire, in soli 6 anni, dalla serie D alla serie A2. (Erano tempi ovviamente diversi! Un baseball più casereccio, meno esasperato, trasferte per un doppio incontro con un sacchetto contenente un paio di panini, un frutto e acqua).

In questo pezzo di storia non posso dimenticare due personaggi particolari. Due uomini completamente diversi tra loro, ma che hanno lasciato una impronta indelebile del loro passaggio.

Achille Agostinone  è stato non solo l’ideatore, ma soprattutto l’architetto nella costruzione di quel sogno.

Achille "Lino" Agostinone

Achille “Lino” Agostinone

Primo presidente della società ha messo a frutto le sue innate qualità imprenditoriali e di Public Relations gestendo alla grande la società e intessendo una serie di relazioni nei “palazzi istituzionali”  che sono servite anche molto tempo dopo la sua partenza da Saronno.

Sandro Tenconi, titolare del supermercato Despar, sarà per un ventennio il nostro sponsor “indecifrabile”. Raramente presente alle partite, non sapremo mai perché si fosse convinto a sostenerci, se in effetti gli sia mai piaciuto il baseball o se, molto più probabilmente, ritenesse solo giusto aiutare tanto entusiasmo a crescere e a proliferare. Quale che sia la motivazione reale, Sandro per un ventennio  non ci ha mai fatto  mancare il suo appoggio finanziario, oltre che il suo incoraggiamento, e di questo lo ringrazieremo in eterno.

Sandro Bernasconi

Sandro Bernasconi

Ma  “storia”  è anche un ragazzino esile che, sotto il sole canicolare d’Agosto, aiuta il padre a costruire un riparo per gli animali, per poi correre verso il diamante di via Piave. Nel silenzio torrido il ragazzino sale sulla collinetta al centro del diamante e, con le gambe tremanti, prova l’emozione di sentirsi un vero Pitcher che si misura con enormi, immaginari battitori avversari. Quel ragazzino percorrerà molte strade che lo porteranno in molti luoghi anche lontani (Australia) per poi dopo tanti anni, con i capelli che cominciano ad imbiancare, ma con lo stesso entusiasmo di allora, tornare a giocare in una  dimensione più casalinga…

Come succede, a volte, la “storia” veste i panni della tragedia. Come dimenticare lo smarrimento negli occhi di un ragazzo, che decide di togliersi la vita perché gli è stata rubata la macchina. Quel giorno non gli hanno sottratto un insieme di ferro vetri e gomme, ma gli hanno strappato la felicità di una conquistata autonomia, la fatica e l’orgoglio per essere riuscito a raccogliere quanto serviva per realizzare il suo sogno, lasciandogli nelle mani solo la sua disperazione.

Anche Andrea Giannone era un ragazzo pieno di vita ed esuberante che si applicava con puntiglio per conquistare il posto di titolare; ore e ore di duro allenamento, poi di corsa a vivere la sua giovinezza. Ad un tratto uno schianto e un terribile silenzio pongono drasticamente fine ai suoi sogni e alla sua voglia di vivere.

Lorenzo Lietti

Lorenzo Lietti

Si racconta ancora la storia di un ragazzino, molto bravo, ma cresciuto forse troppo in fretta, che dopo aver dimostrato grandi possibilità nel nostro piccolo mondo reale, un giorno dischiuse le ali e partì verso il “suo” paradiso, correndo molti rischi, senza nessuna sicurezza, ma negli occhi  un sogno troppo grande anche per lui. Fortunatamente riuscì a fermarsi e ad afferrare alcune certezze reali, solide: una famiglia, dei figli. Lorenzo ora vive a San Diego felicemente sposato e con eredi a cui poter raccontare le proprie gesta.

“Storia” è un ragazzo, alto e ben messo fisicamente; anche lui lavora sulla

“Riccardone” Urbani sul monte

“Riccardone” Urbani sul monte

collinetta. E’ un tipo tranquillo, non ricordo mai di averlo sentito alzare la voce, gentile, quasi timido. Il suo movimento sul monte è particolare, muove il corpo in modo lento ma armonioso, il rilascio della palla è però una frustata violenta, che imprime alla stessa una velocità che aumenta man mano che si avvicina al piatto di casa base, diventando difficilmente leggibile per i battitori avversari. La vita ha picchiato duro su “Riccardone”  e la sua famiglia, ma come una solida sequoia, con le radici ben piantate nel terreno, lui ha continuato, insieme ai suoi cari, la strada della vita.                                                               

La grinta di Valter Civolani

La grinta di Valter Civolani

Un pezzo di storia importante appartiene ad un bambino biondo; viene da Caronno e giunge sul nostro campo al seguito di alcuni giocatori che “avrebbero dovuto” rinforzare la squadra che partecipa alla serie A-2. Per un paio di stagioni partecipa al campionato ragazzi. Ha una passione innata per il baseball e a Caronno spesso scappa di casa per andare al campo a giocare, dove i genitori regolarmente dovevano recuperarlo. Quando gli amaretti riconquistano la possibilità di giocare tra le mura di casa Valter Civolani torna e comincia a giocare tra gli adulti. Carattere forte, entusiasta, trascinatore della squadra, pian piano conquista la fiducia dell’allenatore e soprattutto dei compagni che lo eleggono loro leader e lo sarà per molti anni fino all’addio a causa di un brutto incidente di gioco che gli farà concludere la carriera prematuramente. Ma la passione rimane e “Civo” torna per un paio di stagioni come allenatore della squadra in serie C. Ora non riuscendo a rimanere lontano definitivamente dal diamante collabora per la conduzione della squadra Allievi.

Un uomo in giacca e cravatta, arriva sul campo e dopo aver salutato la squadra si chiude negli spogliatoi. Quello che ne esce poco dopo è uno “sbarbino” che indossa una vecchia divisa, quasi scolorita, felice di trovarsi ancora una volta sul tappeto verde e rosso di un campo da baseball. La gioia traspare dal suo volto. Comincia a correre, fare esercizi, raccogliere palline e battere come se tutto quel lavorare lo riconciliasse con il mondo. Poi all’improvviso, un tramonto spettacolare, lo spuntare di una luna rossiccia  sospesa sopra la rete di recinzione o una pioggerella sottile che buca la luce dei fari come stelle cadenti, e sul suo volto si allarga un sorriso di stupore, come quello di un bambino sorpreso da un regalo inatteso, forse gli sembra che in quel posto comincia il “Paradiso”. Lo guardo e rivedo Gianni, il ragazzino di tanti anni fa, all’inizio di una lunga e fortunata carriera, nella sua squadra, nel  suo “paradiso”.

La “Storia” è formata anche dalle “dinastie”. Sul campo si troveranno negli anni, contemporaneamente o in tempi diversi, padri e figli, fratelli.

Davide Agostinone in azzurro

Davide Agostinone in azzurro

Davide Agostinone, figlio di Achille muove i suoi primi passi nel mondo del “batti e corri” nelle giovanili saronnesi per poi emigrare, al seguito del padre, a Novara dove la famiglia prende casa. In Piemonte  lo attende una lunga e felice carriera in campionati di serie A e B con l’Elettra Novara, fino a partecipare, con la maglia azzurra, alle universiadi del 1993 tenutesi a Buffalo (Stati Uniti).

Alberto Caimi, Marco Vandi, Roberto Basilico e Gianpiero Perini, “Rookies”  della prima ora, avranno l’orgoglio e il piacere di vedere indossare la loro stessa divisa  a Gianmarco, Giacomo,  Andrea, Riccardo e Luca circa 30/35  anni dopo.

Diversa è la storia di Marcello e Jacopo Zoni. Marcello scopre in età“avanzata” l’esistenza del baseball, seguendo le partite della squadra in A-2. Se ne innamora a tal punto che quando, nel 1980, con lo sfratto da parte del comune dal campo di via Piave e lo scioglimento della squadra Seniores, decide di dare una

Jacopo “l’eredità” Zoni

Jacopo “l’eredità” Zoni

solida mano e diventa uno dei più attivi insieme a Marco Vandi, Giampiero Perini, Riccardo Urbani e Massimo Mancin nel lungo esodo verso Caronno, dove per 3 anni, grazie ai fratelli Turconi, prosegue l’attività giovanile. Quando nel 1985 viene costruito il nuovo campo, Marcello è uno dei più attivi nella sistemazione dell’impianto per poi impegnarsi anche come tecnico delle giovanili. Qualche anno dopo, causa problemi di famiglia e soprattutto di lavoro lascia la società, ma prima di andarsene ci lascia… come dire… in “eredità”, un bambino paffutello che, vicino al dougout, cerca di tenere vicino a sé, una mazza più grande di lui. Quel giorno inizia la lunga ma costante strada che porterà Jacopo alla conquista del posto di titolare dietro casabase e  del ruolo di capitano ereditato dal mitico Gianni Campi –  the “dreamer”.

Giancarlo Gnemmi, per molti incarnerà la figura del “Presidente” per antonomasia, ha “rappresentato” sempre la società, non se ne  è mai sentito il “proprietario”.  Sempre disponibile, è stato più un padre per molti ragazzi che una figura solo “istituzionale”; Anche nella veste di medico di squadra era pronto a intervenire in ogni situazione e condizione. Sotto la sua presidenza i figli Andrea e Marco hanno giocato, diventandone punti determinanti, in una squadra che ha dato molte soddisfazioni. Deliziosi, Ivan Monticelli, Campi, Natale, Civolani, Ivan Pistone, Paolo Lietti, Davide e Roberto Rosio, sono alcuni dei ragazzi che, nella seconda metà degli anni 90, prima conquisteranno la promozione in C1,  poi per le successive due stagioni, lotteranno fino all’ultima partita per cercare di conquistare la vittoria del girone e l’accesso ai play off per la serie B.

Anche Claudio Lazzarin potrà avere la soddisfazione di vedere giocare suo figlio Luca nello stesso

La potenza in battuta di Luca Lazzarin

La potenza in battuta di Luca Lazzarin

periodo in cui lui vestirà i panni di Presidente della Società. Di Luca ricordo soprattutto la terrificante potenza in battuta. Poche volte mi è accaduto di poter sentire il sibilo particolare (da brividi) delle palline battute che decollavano dalla sua mazza durante il batting practice  e che  mi schizzavano  intorno

Ancora un padre, Marco Vandi ed un figlio Giacomo. Questa però è una storia un po’ diversa. Marco infatti è uno degli “sbarbini” dei primi anni; dopo le giovanili, si ritaglia qualche ripresa nell’esperienza della A-2. Sciolta la società,  è nel gruppo che prende in mano l’eredità della vecchia gestione e collabora attivamente nell’esperienza caronnese. La Federazione lo convince, “con sua somma felicità”,  ad intraprendere la carriera di arbitro dove ottiene ottimi risultati giungendo fino ai massimi livelli nazionali. Poi problemi familiari e lavoro gli impongono uno stop e l’allontanamento dagli amaretti. Ma la passione è dura a morire e viene trasferita nella squadra Amatoriale, molto più accessibile come tempo e impegno. Nel 2007, dopo la “rivoluzione copernicana”  che vede – il mondo capovolgersi – e Alberto Olgiati assumere la carica di Presidente societario, Marco si riavvicina al baseball… quello vero… e due anni dopo subentra a Olgiati nella direzione della Società.

Giacomo seguendo le orme del padre si avvicina al baseball guadagnandosi il posto di titolare come guardiano del campo esterno sinistro. Ma sorprende soprattutto la sua produzione offensiva, nonostante un movimento che, dall’esterno, sembra lento e macchinoso, ma che risulta  sicuramente efficace.

In tempi diversi,  due coppie di fratelli, si ritroveranno a giocare nella stessa formazione. Giorgio e Massimo Colciago non potrebbero essere più diversi. Il primo pitcher mancino dalle grandi prospettive ma dal carattere chiuso, ombroso e con una potenza notevole, peccato non sorretta da alcun tipo di controllo (ricordate Bull Durham??). Massimo al contrario allegro, sempre incline al dialogo, allo scherzo con i compagni. La sorte gli ha riservato il ruolo “ingrato” di catcher dei lanci “imprevedibili” del fratello, lavoro che, comunque, svolge sempre nel migliore dei modi.

Enrico e Riccardo Pollastri, seppure in tempi più recenti, seguono lo stesso cliché. Enrico, come Giorgio Colciago è un personaggio taciturno, introverso, solitario. Anche lui è mancino e ha grandi possibilità fisiche, ma anche dal suo braccio partono veri missili che però non sembra in grado di controllare a dovere. Riccardo per sua fortuna gioca in altri ruoli e soprattutto si distingue per le sue doti in attacco.

Lorenzo, Paolo e Marco Lietti indosseranno, con diverse fortune, la divisa degli amaretti contemporaneamente in almeno un paio di stagioni, prima di prendere strade diverse nella vita e sui campi da gioco.

Riccardo e Giorgio Deliziosi, ironia della sorte, copriranno in epoche diverse,  lo stesso ruolo. Lo faranno alla grande tanto che Riccardo risulterà uno dei migliori difensori della squadra mentre Giorgio sarà eletto miglior prima base del campionato di serie C1 nelle  classifiche stilate dalla FIBS.

Un bambino è accovacciato dietro casa base e riceve un ragazzino più grande di lui  sembra più piccolo dei suoi 10 anni; la pettorina tocca quasi terra, gli schinieri sembrano più quelli di un portiere di hockey, tanto sono grandi. Il fratello, di sette anni più grande, funge da suggeritore in terza base. Il campo è quello di un oratorio in Brianza e la squadra non è ancora una “vera” squadra, ma un gruppo di ragazzini di diverse età che cerca di costruirne una.

Diego & Simone Monticelli

Diego & Simone Monticelli

Il maggiore  si chiama Ivan, mentre il piccolo dietro casa base Diego  e quel giorno i due fratelli non sanno ancora che diventeranno, alternandosi nel tempo, i “padroni” del monte saronnese per almeno due decenni. Diego “El Duque” a 34 anni si prenderà la soddisfazione di chiudere la stagione dei 40 anni con uno “shutout” a Modena durante i Play off per l’accesso alla serie B. Ma la dinastia dei Monticelli sembra possa essere degnamente continuata con l’ultimo rampollo della famiglia: Simone (figlio di Diego), vera “piccola-grande” promessa del baseball saronnese.

Ancora due fratelli e come spesso succede, molto diversi tra loro. Marco e Matteo Gargamelli. Il primo abbastanza introverso, resta spesso ai margini del gruppo. Sul campo, a volte, sembra giochi una sua personale partita, ma dà sempre, comunque, il suo personale contributo. Come Pitcher ha al suo attivo alcune “perle”, come la vittoria per 13 a 0 contro Rho (zeppo di Domenicani) e la vittoria nei play off a Trento. Matteo, al contrario, aperto e socievole, percorre prima la strada delle giovanili per giungere, proprio nella stagione della promozione, al debutto tra i Seniores. Quando, nella stagione successiva, la società punta su lui per rinforzare la sua rotazione dei lanciatori, il Senago lo richiede facendolo debuttare in  IBL 2 dove gioca per tutto il campionato in terza base.

C’è poi la storia di tre anatroccoli che non si decidono a diventare meravigliosi cigni…

Tutti e tre sono stati forniti, da madre natura, di alcune notevoli doti naturali, un tiro decisamente forte,

Marco Moltrasio

Marco Moltrasio

velocità, movimenti sciolti ed elastici, velocità di apprendimento dei meccanismi di gioco; doti che li fanno apparire già in tenera età, un gradino più su rispetto ai loro coetanei, ma che devono essere elaborate, migliorate per trasformare un semplice giocatore in un ottimo giocatore. Purtroppo le loro menti non seguono lo stesso percorso di crescita del loro fisico. Marco tira forte, dall’esterno centro riesce a eliminare un corridore a casa con un tiro da 90 metri. Tira forte anche  sul monte, ma usa trucchetti, con un movimento del braccio  e un  rilascio della palla “particolare” mette in difficoltà i battitori avversari. Spesso sembra che giochi una gara a “braccio di ferro” con l’uomo nel box di battuta, e quando arriva lo strikeout uno strano  ghigno si dipinge sul suo viso. Il suo tiro inganna il battitore, ma inganna anche il suo braccio che, dato che lui non ascolta i consigli elargiti da chi gli sta vicino, comincia ad usurarsi fino allo strappo finale (lesione alla cuffia dei rotatori) che gli farà chiudere la carriera prematuramente.

                                                                                                       

Dany e Ale

Dany e Ale

Daniele e Alessandro posseggono gli stessi doni, anche se caratteri diversi. Chi li segue da molto tempo si aspetta di vederli finalmente  un giorno alzarsi in volo e  dispiegare le loro belle e nuove ali per dimostrare finalmente tutto il loro valore. Fino a questo momento si sono limitati a dare alcune dimostrazioni con picchi di grande classe, per poi ritornare a volteggiare con un più basso profilo, quasi avessero timore di assumere la responsabilità della loro “bravura”. Come dimenticare infatti Daniele e il suo primo “complete game” il 3 Luglio 2011 contro Cernusco (vittoria  per 10 a 3) o Alessandro che riceve due partite di fila a Modena durante i play off 2012; a lui l’onore di ricevere lo “shutout” di “El  Duque” Monticelli.

Se è vero  che la storia a volte può assumere sembianze tragiche, è anche vero che altre volte può indossare i panni della “leggenda”.

E’ la sera del 2 Luglio 1997, sul diamante dello stadio Kennedy a Milano va di scena il recupero di C1 tra gli amaretti e Blue Sox di Alessandria. I saronnesi sono in corsa per accedere ai play off verso la serie B. I saronnesi, emozionati per trovarsi in un campo tanto prestigioso con luci, tabellone elettronico, speaker, sono in difficoltà e al termine della settima ripresa sono sotto con il punteggio di quattro punti. A un tratto succede l’imprevedibile. Su una assurda chiamata dell’arbitro di base, vado a chiedere spiegazioni, prima all’arbitro capo e successivamente all’arbitro di base. Quando mostro con il piede il segno della pallina sulla terra rossa, l’arbitro mi espelle dal campo (unica espulsione in 40 anni di carriera) perché secondo lui, stavo “fomentando la folla” – 10 tifosi nostri e 9 dell’Alessandria avvolti in coperte e cappucci per il freddo, avendo piovuto tutta la settimana.

Mentre esco tra qualche lacrima che non riesco a trattenere, sento delle urla nel nostro dougout. Quello che succede dopo credevo fosse solo materia da film tipo “L’uomo dei sogni” o cose del genere…

I ragazzi tornano in campo carichi di rabbia e dagli spalti assisto a uno spettacolo che mi mette i brividi. I “miei” ragazzi cominciano a battere tutto quello che gli passa davanti e i piemontesi sembrano di colpo spariti dal campo, ci sono solo divise grigie che battono, corrono e alzano la mano verso gli spalti. L’ottava ripresa è un’apoteosi degli amaretti, ben sette punti vengono segnati sul tabellone elettronico, portando il risultato finale sul 14 a 11 a nostro favore.

Trento: A volte ritornano… Domenica 13 Settembre 2009 – Campo di Trento, ore  12,45, ultimo inning della finale  play off per l’ammissione alla serie C1; Con Tecilla in 1° base, De Florian batte una palla tesa, appena sopra la terza base; agli occhi di tutti appare come una valida micidiale che potrebbe riaprire improvvisamente una  partita finora dominata. Matteo Gargamelli si allunga, quasi come in un passo di danza e addomestica morbidamente la palla nel guantone, poi si gira e lascia partire un siluro verso la prima base da dove Tecilla era partito convinto della valida. Luca Girola si allunga, cerca di accorciare più possibile la distanza tra il guanto e la palla… un attimo di silenzio assoluto …OUT! OUT! sentenzia l’arbitro di base e il campo si riempie di gente festante che urla, si abbraccia, lancia guanti, cappelli e tutto ciò che gli capita in mano.

Saronno è di nuovo in C1, l’impresa tanto sognata si è realizzata. Questo  l’attimo finale di una due giorni indimenticabile per chi l’ha vissuta, qualcosa che nel bagaglio personale di tutti noi resterà come un ricordo indelebile. Non è l’unica promozione che gli amaretti hanno ottenuto e otterranno nella loro storia, ma dal mio personale punto di vista è la più bella, forse perché probabilmente sarà l’ultima a cui ho potuto partecipare direttamente.

Vorrei ricordare i nomi di coloro che “fecero l’impresa”:

Domenico Bruzzese, Gianmarco Caimi, Marco Dalla Grana, Marco e Matteo Gargamelli, Luca Girola, Ansonin Marquez, Alessandro e Daniele Moltrasio, Diego Monticelli, Davide Petrillo, Giacomo Pregnolato, Francesco Proce, Giacomo Vandi e Jacopo Zoni.  Marco Vandi: Presidente, Emanuele Palomba (Dirigente accompagnatore) Donatella Signorini e Antonella Forloni (Classificatrici di squadra).C1 di nuovo!

Nonostante la politica della società sia  stata, da sempre, improntata sulle squadre costruite prelevando giocatori essenzialmente dal proprio vivaio, diversi “stranieri”, cioè ragazzi provenienti da altre società, hanno indossato la nostra divisa. .

Claudio “Topo” Robbiati (indimenticabile), Paolo Peonia, Fabio Strada, Marcello Zanetti, Piero Facetti, Piero Bonetti nel glorioso periodo che ci consentì di giungere alla serie A-2 ; in epoche più recenti Roberto Della Penna, Marco Valadè, J.Carlos Conception, Gianni Torchio, Michele Radice, Elien Abreu, Tomas Fontana e Stefano Lusian. Per quanto riguarda tecnici giunti dall’esterno, oltre ad  Augusto Rossano (primo manager degli amaretti), Bruno Vicentini, Luca Cogni e Gianni Bortolomai, hanno indossato la nostra casacca, mentre nella prossima stagione debutterà sulla nostra panchina Stefano Lusian.

“Storia” sono anche i Presidenti che si sono alternati alla guida della società, Achille Agostinone, Sandro Tenconi, Vincenzo Pistone, Giancarlo Gnemmi, Claudio  Lazzarin, Alberto Olgiati e Marco Vandi.

Ma sono parte della storia anche tutti i dirigenti, gli accompagnatori, i tecnici, i volontari che per anni,  o magari anche solo per un giorno, hanno offerto il loro lavoro per continuare a portare avanti questo sogno.

So che qualcuno, magari, sarà rimasto deluso dal fatto di non essere stato citato, o pensava dovessi dire qualcosa di diverso e fare elogi a destra e a manca, ma l’intento che mi ero prefisso non era quello di scrivere un resoconto dettagliato di 40 anni di storia del baseball a Saronno, per questo ci vorrebbe un libro, né di fare un elenco di tutti coloro che sono passati sul nostro diamante, ma semplicemente di riaprire, per un momento il mio baule dei ricordi e con alcune foto “immaginarie”, aiutato anche da istantanee reali, creare una mia personale celebrazione di questo evento.

“Storia”, infine, è un uomo ormai maturo che, dopo aver risalito buona parte del  grande fiume, con passo a volte lento, a volte più spedito, a volte incespicando o quasi di corsa, ma sempre sicuro della strada da percorrere, giunto ad un certo punto del percorso, si volta per guardare, uno ad uno, i volti dei personaggi che sono stati suoi compagni in questo lungo viaggio. Chi per un breve tratto, chi per una buona parte della strada.

L’uomo non è un veggente, non può prevedere cosa ci sarà oltre, in quello che viene genericamente chiamato “futuro”, ma per ora gli rimane la certezza di quello che “è stato”.

A tutti voi… grazie ragazzi!

“L’uomo stava seduto di fronte alla casa e la trovava bella. Come sempre. Si, c’era chi diceva che le finestre e la porta erano troppo piccole, o troppo grandi, che il tetto doveva essere più spiovente o, al contrario, più piatto. Ed altro ancora. Che strano non notavano la cosa più evidente: dopo tanti anni la casa era ancora in piedi, ed aveva resistito ad ogni tempesta.Per lui era la casa più bella del mondo, e da quella porta ne erano entrati tanti… Alcuni erano rimasti, altri erano solo passati per poi incamminarsi verso altre strade, ma il fuoco nel camino era stato acceso per tutti. Poi, soddisfatto, l’uomo si alzò e prese il secchio di cemento. C’era un’ala nuova da costruire”

Gandalf il Grigio 

La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla.

Gabriel Garcia Marquez

 

 
9 commenti

Pubblicato da su 10 febbraio 2013 in "Piccole Storie" di Baseball