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Archivio mensile:agosto 2011

Bovisio Masciago Baseball vs. C.A.B.S. Seveso A.S.D. – Spareggio Regular Season 2011 Girone B

Score by innings                                                R       H       E      

CABS – Seveso                 0 0 0 2 0 1 7 0 1           20      8      3

Bovisio M.                        1 2 0 2 4 1 0 0 0           10      9      7

LOB  CABS:  5 – Bovisio: 6 –  HR: Rosario J.Cabs  (2 p.) 3B:Natale G.(Cabs) – Rejnoso J. (Bovisio).  2B  Rosario J. (Cabs)

Bovisio M                    ip         h          HR     r        ER        bb       so         hpb     bk

Abbas K.                     5,0       3          1       7          5          4          6            1

Abbas A.                     0,0                            3          3          2                       1

Reynoso J.                  0,1                            3          1          1          1           2      1

Brandazzi A.                2,0       6                    7          7          3          2

CABS – Seveso         ip         h          HR      r        ER         bb     so         hpb

Bragato GL                 2,0       1                    3         3           2                     1

Aquilani  M.                 6,0       7                   7          1          5         3

Win: Aquilani M. (CABS)  –  Loss: Reynoso J. (Bovisio M.)

CABS – Seveso   vs  Bovisio M.   =   20 – 10

SENZA PAROLE!!

A leggere il risultato finale chiunque potrebbe dedurre che è stata una partita semplice, a senso unico, dove una squadra ha dominato incontrastata e l’altra dominata ha solo cercato di limitare i danni.

Chi era presente è rimasto letteralmente “senza parole” per come in effetti si è svolta la gara.

Per la verità è inesatto parlare di una sola partita, perché nella realtà si sono svolte due partite completamente differenti l’una dall’altra.

Partita n. 1:

Di fronte due realtà assai diverse; da una parte un gruppo molto giovane che basa il suo gioco sulla velocità, non eccezionalmente potente in battuta ma abile nel gioco corto e nella corsa sulle basi, dall’altra una squadra composta per la maggior parte da vecchi “marpioni” molto pesanti con la mazza e con una enorme esperienza.

Bovisio schiera sul monte il suo “gioiellino” Kamal Abbas che per 5 riprese domina incontrastato piazzando 6 SO e commettendo un solo errore, l’HR di Rosario (da 2 punti) e concedendo 2 basi per balls. In attacco Bovisio costruisce con bunt, rubate, singoli un vantaggio che, alla fine della parte alta del sesto, sembra ormai consegnare loro il biglietto per Modena. In difesa Billy Florencio si esibiva in un paio di numeri d’alta scuola, prima dando il via, con presa e tiro splendidi, al doppio gioco e poi effettuando una eliminazione su tentativo di rubata da manuale del baseball.

Dall’altra parte molto poco fino a questo punto. Bragato ha difficoltà ad ingranare e viene rilevato, dopo due riprese, da Acquilani che comunque subirà 6 punti tra la quarta e la quinta ripresa.

Partita n. 2

A questo punto, calato il sipario sulla prima parte che vedeva Bovisio avanti per 10 a 2 in dominio assoluto della partita, comincia il vero e proprio incubo in cui si infilano i ragazzi di Silvano Boniardi.

Kamal Abbas finisce la benzina e dopo un triplo d’apertura di Giovanni Natale infila 3 BB e un singolo consecutivi riaccendendo di colpo le speranza dei C.A.B.S. A sostituirlo il fratello Abdal che però non riesce ad entrare in partita e concede anche lui due basi e un colpito. Altra sostituzione e sul monte sale Jeffry Reynoso. Debutta subito con uno SO, poi anche lui viene contagiato dal “virus” di giornata e, prima colpisce due battitori, poi concede una base. A peggiorare le cose l’arbitro chiamerà anche un Balk che porta la partita sul 10 a 9. Quando Reynoso scende dal monte i C.A.B.S. sono avanti sul 13 a 10.

Alessandro Brandazzi si carica sulle spalle la squadra e cerca per lo meno di uscire da questa terrificante situazione. Le sue condizioni non sono certo delle migliori e deve subire ancora sei punti prima di poter chiudere questo inning infernale.

L’inerzia della partita cambia radicalmente panchina. Ai C.A.B.S. adesso riesce tutto con tranquillità e facilità, mentre la difesa di Bovisio rimane scioccata e ogni palla che tocca terra è una specie di mina pronta a esplodere tra le mani dei difensori.

Nell’ottavo attacco i C.A.B.S. realizzano il ventesimo punto che mette fine alla partita.

Quali le ragioni per un crollo così improvviso…

La giovane età e quindi la tensione che serpeggiava nella squadra (paura di vincere), ma anche secondo me, il giocare con poca preparazione e la mente non ancora concentrata dopo un mese di ferie possono aver avuto il loro peso..

Resta allo staff tecnico di Bovisio trarre, ovviamente le conclusioni, resta il rammarico per una squadra che aveva molto bene impressionato durante il campionato (le pantere ne sanno qualcosa… 2 spazzolate notevoli). Dispiace soprattutto il modo con cui hanno ceduto le armi. Certamente la giovane età parla a loro favore; hanno i numeri e hanno il tempo per crescere e diventare un’ ottima squadra.

I complimenti vanno ovviamente ai C.A.B.S., anche se non hanno giocato la miglior partita della stagione. Ora hanno il tempo per prepararsi adeguatamente e disputare al meglio i Play-off. Domenica mattina saranno di scena, in amichevole, ancora sul diamante di via Ungaretti contro le pantere saronnesi.

In bocca al lupo per Modena ragazzi!

 

Gandalf il Grigio

 
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Pubblicato da su 28 agosto 2011 in Serie C

 

Il Tesoro dei Pirati

Articolo di Les Carpenter (28/7/2011)

(Tradotto da Gandalf)

“Stasera sto arrivando per il baseball”. E’ passato molto tempo da quando questo è accaduto a Pittsburgh. Ma stasera giungeranno in auto da posti come Ross Township e Penn Hills e Morgantown e  Donegal e Oak Hills o Beaver Falls, supereranno i passi di montagna, attraverso il tunnel e lungo le strade tortuose, convergeranno fino ai parcheggi in centro. Lì si unirànno alla folla apparentemente infinita, a piedi attraverso il ponte d’oro in onore di Roberto Clemente e verso il ballpark più bello; tanti bambini qui non l’hanno mai visto dall’interno.

I Pirates stanno vincendo per la prima volta in 18 stagioni. Per due decenni la squadra di baseball di Pittsburgh è sempre stata battuta; per le altre franchigie era solo una facile vittoria sulla strada per qualcosa di grande. Per quasi due decenni si è registrato il nulla, ma solo perdere; una linea continua di ultimi posti o molto vicino a finire all’ultimo posto. I tifosi sono per lo più rimasti lontani, trovando poco valore in una squadra che non avrebbe mai vinto.

Eppure è Luglio, più di 100 partite giocate nella stagione e la squadra, che era sempre andata lontano dalla gara per il Pennant, si trova ora in una danza notturna con i St. Louis Cardinals e i Milwaukee Brewers per il primo posto nella Central Division della National League. Improvvisamente il Baseball torna ad abitare qui.

Forse, in un certo senso, è sempre stato così.  Molto prima che Pittsburgh Steelers rendessero questa la città del Football, c’era il baseball. C’era Honus Wagner e Ralph Kiner. C’era il grande Clemente e Bill Mazeroski, autore dell’HR vincente nelle World Series del 1960. Poi, qualche tempo dopo Willie Stargell e “We are Family”, una volta Barry Bonds e Bobby Bonilla, prematuramente usciti dalla scena del baseball. E’ il presente, ma potrebbe anche  essere il passato. Perché quando i Pirates si trasferirono dal cerchio tetro del Three Rivers Stadium al nuovo Stadio, con la sua splendida vista degli edifici del centro, i pirati avevano da tempo cessato di avere materiale umano di valore. I giocatori erano troppo costosi e i tifosi non erano mai abbastanza per generare il denaro da spendere per i giocatori. Nel tempo il franchising era in gran parte legato al talento della squadra; la pubblicità se ne andava nel mezzo di un altro lungo e triste anno.

Eppure ci sono stati momenti di speranza, una volta che Steve Blass, un pitcher che aveva aiutato i Pirates a vincere le World Series del 1971 e per gli ultimi 27 anni era entrato nel team della radio della squadra e come annunciatore televisivo, racconta, non avrebbe potuto comprare nulla nel negozio di alimentari senza che qualche tifoso della curva non gli consegnasse  una lista di ciò che pensavano era sbagliato nella squadra. Vinnie Richichi, che tiene una trasmissione radiofonica, arrivato da Seattle lo scorso anno, è stato stordito dalla furia che alcuni tifosi covavano ancora dopo tutti gli anni di sconfitte.  L’aria crepitava di grida di disgusto.

“Sapevano i 25 ragazzi della squadra” dice Rechichi “ Sapevano che fa schifo”

Così stasera, e nel week end, in queste partite  i Cardinals ci sarà un tutto esaurito proprio come la notte prima e il pomeriggio successivo sarà tutto esaurito. I Pirates hanno già riempito lo stadio 13 volte quest’anno.  L’unica altra volta che avevano il tutto esaurito è stato nel 2001, l’anno dell’inaugurazione dello stadio. Per lo più quando la squadra gioca in questo stadio la maggioranza dei posti sono vuoti e di colore blu. Ogni accenno di gioia se ne andò con la cessione di Jason Bay o Nate McLouth o Jack Wilson, e tutto quello che rimaneva era una calda estate di partite dove i Pirates erano sicuri di perdere.

Stasera però le strade sono piene, fuori dallo stadio. Blass guarda dal lunotto posteriore del box della stampa, vede la folla in direzione dell’ingresso e sorride, forse un po’ incredulo.

“Vedere la gente affluire attraverso il ponte è una storia incredibile”, dice.

Poi ridacchia.

“Prima non c’era l’afflusso”, continua. “Era  più un gocciolio….

“Forse uno stillicidio”.

Ma stanno arrivando ora, venendo come pochi avrebbero mai pensato. Il baseball ha lottato con la partecipazione dei tifosi in questa stagione, ma qui, nel posto peggiore di tutti, quello che non ha mai visto due milioni di tifosi in una stagione da 10 anni, ci sono file ai tornelli. Vincere – anche “un po’” vincere – ha cambiato tutto. Nulla, sul modo in cui in questa stagione iniziata, ha dato la promessa che qualcosa di simile a questi ultimi due mesi sarebbe potuto accadere. Poi improvvisamente il lineup di giovani giocatori, per lo più anonimi, cresciuti in casa, ha iniziato a colpire. Il bullpen rafforzato e la rotazione dei partenti crebbe fino a diventare una delle cinque più forti della National League.

Ma era l’8 Giugno quando Pittsburg è davvero tornato in vita. Quella notte l’esterno Andrew McCutcheon, al 12° inning, battè il fuoricampo vicino al palo del foul di sinistra, che permise ai pirati di conquistare la vittoria del record di 30 – 30; un segno di mediocrità a Boston o nel Bronx, ma abbastanza unica qui e che fece esplodere grandi festeggiamenti.

Juanita Clark, vendendo magliette ai piedi del Clemente Bridge, è letteralmente impazzita e ha scritto “500” e la data 06-08-11” sul suo cappello dei Pirati.

“Dovete capire, giocando con la media di 500, per noi è come giocare le World Series”, dice Bernie Rozic, un venditore di auto di Evans City.

Un record di 500 e il primo posto hanno cambiato la cultura qui. Improvvisamente un amico di Rozic, Dean Rinkhann, dice: ilsuo locale “VFW Hall,  non appare più sporco e con grida di protesta, quando inizia la partita dei Pirates.

Dal nulla folle di persone che non sono mai state prima nel ballpark dei Pirates chiedono informazioni. Operatori degli ascensori che brontolano agli estranei quando chiedono a quale piano devono andare mentre il pulsante segna in modo chiaro “U”.

I tifosi per la strada guardano i biglietti come se i numeri del settore daranno loro indicazione in quale cancello devono entrare. Alcuni tirano fuori, dalle scatole con il marchio Pirates, i cappellini nuovi.  Altri indossare vecchi cappellini e mostrare la replica delle grigie maglie di Clemente.

In una notte in cui il primo posto è diventato una sorpresa molto reale e meravigliosa, tre dei figli perduti dei Pittsburgh Pirates appoggiati ad una ringhiera al PNC Park, incerti se credere che questa estate possa essere un sogno che si avvera.

Sperano di vedere un giorno alla televisione l’immagine ingrandita della parte sinistra del campo con il primo Pennant che loro hanno conosciuto.

“Sono nata dopo il 1992”, dice la più schietta di loro, una ragazza di 17 anni di nome Ryan Bertonaschi. “Quindi non abbiamo ancora visto niente”.

Non ha mai conosciuto un vincitore. In tutto il tempo trascorso sulla terra, che comprende apparentemente molti inning di molte partite di baseball dimenticato, Bertonaschi da Penn Township, Pennsylvania, ha guardato la locale squadra di baseball finire con un record perdente ogni stagione. Come gli altri bambini, avrebbe potuto abbandonare i Pirates per una squadra diversa, come i Phillies, migliore squadra dello stato, o abbandonare il baseball del tutto – come fanno molti vicino a Pittsburg – o dedicare il proprio tempo a tifare Steelers.

Ma c’era sempre qualcosa che l’attirava per i Pirates.

“Sono sempre i più sfavoriti dal pronostico”

Immagina di non conoscere una stagione vincente per due decenni. Così ora i Pirates si sono stabiliti precariamente in questa lotta per il primo posto e Joe Raco, amico di Ryan, inizia a dire quello che pensa sulla rinascita di questa squadra, Ryan lo interrompe:

“Buon divertimento mentre è qui”, dice.

Tutti annuiscono consapevolmente.

Se c’è qualcosa che hanno imparato a conoscere, è che qualsiasi barlume di speranza con i Pirates è sempre stato cosparso dalla delusione.

All’interno di una suite del secondo livello nel PNC Park, l’uomo responsabile della disperazione più recente, si siede a un tavolo. Giù sul campo, i Pirates stanno giocando con i Cardinals e ogni tanto il proprietario allunga il collo per vedere fuori dalla finestra o guardare un replay alla televisione. E’ un uomo amichevole con un carattere semplice e grossi occhiali, che è stato il bersaglio delle ire di molti tifosi da quando ha preso il posto di Kevin McClatchy nel 2007. E’ Nutting, molti ritengono, che ha confermato la politica di lunga data di raccolta stelle… – per le altre squadre – chiamata: “Pirates benefici”, vendendoli le loro prospettive future. E’ Nutting, dicono, che continuava a togliere gli stipendi dei giocatori venduti e intascando il resto. Eppure, nonostante fosse triturato in chat internet e nei talk show, si levavano urla di rabbia, quando ha riferito di aver rifiutato un’offerta da un ex campione dei Penguins, Mario Lemieux per comprare la squadra lo scorso anno, aveva un piano. Ha ideato questo piano non molto tempo dopo aver preso la squadra, trascorrendo quattro mesi per studiare ciò che egli considerava una franchigia di successo per tutto il baseball. La formula, decise, era quella di costruire dal basso.

Ha costruito una nuova struttura nella Repubblica Domenicana da abbinare a quello di Bradenton, in Florida, dove i Pirates tengono lo sping training e spesso del lavoro extra per prospetti da portare nella squadra maggiore. Ha chiesto uno staff d’elite di scouting e istruito il suo popolo a ricercare il talento. I ricavi non saranno mai grandi abbastanza a Pittsburgh, contiamo molto sui Free Agent.

Nutting non dice nulla su coloro che urlavano dopo la partenza di Bay, McLouth e Wilson. La sua rivendicazione è arrivata, eppure sceglie di non parlarne.

“Concentriamoci sul positivo”, dice. Poi sorride al pensiero di qualcosa che gli ha detto il suo manager, Clint Hurdle, sulle persone che bazzicano nel baseball.

“Ci sono due tipi di persone, coloro che sono umili e quelli che stanno per diventare umili”.

Lui ride. In questo istante, con la sua squadra nei primi posti, è sembrato un pensiero appropriato.

“Bisogna aver fiducia che quello che si fa è la cosa giusta”, dice. “Decidi tu se stiamo muovendo il franchising nella giusta direzione. Non c’è spazio, per stare nello sport, se non si ha intenzione di essere competitivi sul campo.”

“C’è una responsabilità”, dice. “Ho assunto la gestione di un team di persone che mi stanno profondamente a cuore. Io sono responsabile di ogni nonno e nipote là fuori che stanno insieme, per la loro prima partita. Non posso perdere di vista questo.”

In una storia meravigliosa come questa, è difficile immaginare se i Pirates sapranno continuare a vincere.

Alla radio si potrebbe chiamare questa la “stagione da sogno”, ma non è la stagione. Quanto succede  è ancora da qualche parte nel futuro.

Il pensiero di tutto il campionato è che i Pirates stanno giocando meglio di quello che sono realmente, e non possono permettersi di perdere troppe partite come quella di martedì contro Atlanta, quando l’arbitro Jerry Pasti sbagliò la chiamata al 19° inning permettendo ai Braves di vincere la partita. Agosto sta arrivando e non c’è certezza che i lanciatori continuino a vincere. Il blocco NFL è finito, gli Steelers stanno riprendendo gli allenamenti. Presto ci saranno nuove partite nel grande stadio a pochi isolati di distanza. Senza Steeler è stato facile per le persone ritrovare il baseball. Ma una piccola striscia di sconfitte e la folla potrebbe anche smettere affluire sul Clemente Bridge, i posti vuoti blu riapparire e questo posto tornerebbe di nuovo silenzioso, così com’è stato per l’ultimo decennio.

Questa però è per un’altra notte.

Stasera è diverso, proprio come questa estate è stata diversa. Molto tempo dopo che i giocatori hanno lasciato il campo e la folla è lentamente uscita lungo le rampe giù verso le strade, le luci sono rimaste accese al PNC Park. Il team ha invitato un gruppo di tifosi a venire sull’erba per giocare. E sotto il bagliore ardente dei fari, con un cielo scuro sopra di loro, padri lanciano palline ai loro figli, come uomini adulti; a turno, cercano di afferrare una volata alta verso la recinzione esterna. Sono vecchi e sono giovani. “E ci sono anche i nonni” dice Nutting mentre lancia ai suoi nipoti.

Stranamente, c’è poco parlato – un momento fermato  dallo sbattere delle palline nei guanti. Da qui gli edifici del centro attraverso il fiume Allegheny hanno un aspetto gigantesco, le loro luci scintillanti si riflettono attraverso una nebbia sottile, a notte tarda. Alcuni tifosi hanno portato telecamere e flash pop.

Finalmente un dipendente del team, guarda l’orologio. E’ ora che le luci si spengano e la gente torni alle proprie case.

“Questa è sempre la parte più difficile”, dice mentre cammina tra la folla di palle da baseball che volano, per dire a tutti che devono andarsene. Lentamente muove il pollice verso il cancello, non volendo lasciar andare questa notte.

Un ragazzino scuote la testa e strofina il suo guanto. Guarda suo padre e dice: “Perché stiamo andando”?,”Ehi”, il padre risponde: “non possiamo stare tutta la notte”.

In estate, quando il baseball è tornato a Pittsburgh, è come se tutti potessero.

 
 

“C’era qualcosa nell’aria quella notte…”

Tratto da un racconto di Prof Pepper’s 

 “…Le stelle brillavano, Fernando…”. **

Il cielo non si vedeva all’interno dell’Astrodome; le stelle brillavano sul campo, quelle scelte dai tifosi per disputare la classica di mezza estate di venti anni fa.

Fernando era Valenzuela, il messicano dei Dodgers, uno degli eroi del titolo vinto nel 1981; per ora era seduto a guardare Dwigth Gooden dei Mets, che difendeva l’onore della National League.

Per gli ospiti lanciava un altro giovane, tale Roger Clemens dei Red Sox, del quale oggi si è persa ogni traccia…

Fernando stava nel bullpen, luogo sconosciuto a lui che di mestiere era partente.

Quel giorno avrebbe lanciato 3 riprese, il massimo consentito in un All-Star Game, ma poco per uno abituato a rispondere, al manager che durante una visita gli chiedesse se fosse stanco, “come posso essere stanco? È solo il sesto inning!”.

Ricevette il testimone da Doc Gooden al quarto inning; chinato a 60 piedi e 6 pollici da lui, Gary Carter, una delle mazze che Fernando affrontò nel drammatico play-off 1981 contro gli Expos.

Ora i due erano insieme e per un incontro che valeva poco più di una esibizione.

Carter conosceva a memoria, essendo un Met, la fastball, la sweeping curve e il cambio di Gooden; da questo momento, però, i segnali andavano mutati, per richiedere al mancino lo slider e, soprattutto, la screwball.

La screewball è sostanzialmente una “curva a rovescio”: lanciata da un mancino tende ad allontanarsi dai battitori destri.

Il primo lanciatore di cui si ha notizia che annoverasse tale lancio nel proprio repertorio è Mickey Welch, che calcava i diamanti negli anni ’80 del XIX secolo.

Per trovare un immortale associato alla “palla a vite”, bisogna aspettare il 1900, ovvero l’esordio di Christy Mathewson; l’asso dei Giants, però, si riferiva al suo lancio migliore con il termine “fadeaway”.

Valenzuela apprese l’arte della screw nell’inverno tra il ’79 e l’80 dal compagno Bobby Castillo; la traiettoria insolita gli aprì le porte della MLB, ma in futuro sarebbe stata causa di innumerevoli viaggi in lista infortunati: i lanciatori di screwball sono infatti sottoposti a sollecitazioni innaturali e particolarmente traumatiche, che hanno come esito carriere brevi, seppure di successo, se non addirittura danni fisici permanenti.

“…Riesci a sentire i tamburi Fernando?…”. **

Il 15 luglio 1986 tutti questi guai erano lontani mille miglia.

Il primo uomo ad affrontare Fernando nella parte alta del quarto era Don Mattigly, prima base degli Yankees.

Strike-out.

Cal Ripken, interbase degli Orioles, nel bel mezzo della sua striscia infinita di All-Star Game disputati.

Strike-out.

Jesse Barfield, pinch-hitter al posto di Dave Winfield.

Strike-out.

Valenzuela non stava soffrendo la diversa preparazione dovuta all’inusuale ruolo di rilievo.

“…Ricordo tanto tempo fa un’altra notte stellata come questa…”.  **

No, era giorno.

Però tanto tempo fa.

E c’erano le stelle, anche quella volta in campo.

Il 10 luglio 1934 si giocava la seconda edizione dell’All-Star Game, ai Polo Grounds di New York.

Partiva sul monte, per la National League un lanciatore mancino, artista di screwball anche lui.

Carl Hubbell ebbe la sua ultima stagione di successo all’età di 34 anni, quando il suo braccio era sfigurato dagliabusi della screw, al punto che Jim Murray disse che sembrava essere stato “montato al buio”.

Per un All-Star Game la durata richiesta era di soli tre inning e Hubbell si accordò con il ricevitore Gabby Hartnett (Chicago Cubs) di dare fondo alla screwball, lanciando tutto il resto al di fuori dell’area di strike.

Charlie Gehringer era il lead-off dell’American League.

Hartnett sparò il segnale. Fastball. Fuori. Così, per prendere confidenza con la partita.

Singolo al centro, e in seconda su errore di Berger.

Bill Terry, compagno e manager di Hubbell anche nei Giants, si avvicinò al monte e sussurrò un rassicurante “va tutto bene”.

Manush, esterno sinistro. Base per ball.

Questa volta, attorno alla collina, si riunirono Terry, Frankie Frisch, Pie Traynor e Travis Jackson – tutto l’infield – e il secondo “va tutto bene” di Bill fu proferito con tono interrogativo.

Hubbell mise a segno, nel 1933, una striscia di 46 inning e 1/3 senza subire punti; tra il 1936 e il 1937 accumulò 24 vittorie consecutive, prima di essere fermato dai Brooklyn Dodgers, un giorno in cui in tribuna sedeva Isaac Asimov.

Per i Giants e i loro tifosi Hubbell era “The Meal Ticket”, il buono pasto, ovvero qualcosa su cui contare sempre.

Si fidarono gli interni quando assicurò che andava tutto bene, e si prepararono per il turno in battuta del più grande di ogni tempo; nel frattempo, dagli spalti, qualcuno già gridava “tiratelo giù, prima che sia troppo tardi!”.

“Mettere strike out Ruth era l’ultimo dei miei pensieri. L’idea era di farlo battere per terra. Non era troppo veloce, come sapete, e sarebbe stato un gioco da ragazzi fare un doppio. Non spostò mai la mazza dalla sua spalla. […]. Gli servii tre screwball in fila, tutte sul piatto, dopo aver sprecato una fastball, e rimase immobile. Riesco ancora a vederlo che guarda l’arbitro sul “you’re out”, e non era arrabbiato. Solo non ci credeva, e Hartnett rideva mentre mi tirava indietro la palla”.

“…Fernando stavi canticchiando fra te e te…”. **

Valenzuela non era uno che comunicava molto con compagni e coach, in parte per i problemi di lingua; LaSorda una volta disse che per mesi avevano provato a insegnare l’inglese a Fernando, e l’unica parola che aveva imparato era “milioni”.

Forse non guardò neanche i suoi compagni che provavano senza risultato a risucchiare a The Rocket i 2 punti di scarto; men che meno si rivolse al suo catcher per un giorno.

Hubbell invece aveva parlato con Hartnett del line-up dell’American League, senza però riuscire a scovarne il benché minimo punto debole.

Così si preparò a tirare altre screwball al battitore che seguiva il Bambino, come sempre Lou Gehrig.

Anche per l’Iron Horse il sogno proibito era di indurlo a una battuta in doppio gioco: non che fosse lento come Ruth, ma le palle che incocciava schizzavano via così rapide da raggiungere i difensori in un amen.

Gehrig andò al piatto con quattro lanci, provando inutilmente a sventolare l’ultima screw, sulla quale Gehringer e Manush eseguirono una doppia rubata.

Seguì Jimmie Foxx,“Double X”, “The Beast”, “The Righthanded Babe”, al quale Gehrig sussurrò qualche consiglio rientrando in dugout.

Screwball. Screwball. Screwball. Screwball. Strikeout e inning chiuso senza danni.

Whitaker fu il primo uomo ad affrontare Valenzuela nel suo secondo inning di lavoro.

Come Mattingly, Ripken e Barfield, il seconda base non riuscì a mettere in campo le palle servite dal Messicano.

Quattro strikeout consecutivi in un All-Star Game, uno in meno del record.

Hubbell tornò sul monte con un punto di vantaggio, ottenuto dalla National League grazie al solo homer di Frisch.

Questa volta The Meal Ticket non si fece sorprendere e continuò a nascondere la palla agli avversari.

Dopo gli strikeout di Simmons e Cronin, Hartnett levò la maschera e, rivolgendosi al dug-out dell’American League, esclamò: “Noi dobbiamo vedere quella roba tutti i giorni!”.

Bill Dickey riuscì a colpire un singolo, prima che Lefty Gomez venisse eliminato al piatto.

Cinque K consecutivi: un’impresa destinata a durare oltre mezzo secolo.

Le cinque vittime di Hubbell sarebbero finite tutte nella Hall of Fame.

“Avevo solo sette anni allora, ma lo ricordo. Che impresa incredibile. Quando parli della gente che ha messo strikeout in fila, stai parlando di alcuni dei più grandi battitori che abbiano mai tenuto una mazza tra le mani”.

Il commento è di LaSorda che nel 1986 era manager di Valenzuela ai Dodgers.

“…Ricordi la notte piena di paura in cui attraversammo il Rio Grande?…”  **

Un solo uomo stava tra Fernando e il record di Hubbell: un lanciatore mancino messicano, Teddy Higuera che, per la regola del DH vigente in American League, si presentava nel box per la prima volta dopo anni.

“…Sebbene non abbia mai pensato che avremmo potuto perdere…”. **

Nonostante le prestazioni da record dei due screwballer mancini della National League, in entrambi i casi fu la lega più giovane ad aggiudicarsi la partita delle stelle: 9 a 7 nel 1934 e 3 a 2 nel 1986.

** Fernando – ABBA – 1976